SICUREZZA, LIBERTA’ e RESPONSABILITA’ IN MONTAGNA
Sono Marzia Ianese, originaria del “verde Comelico”, così definito dal poeta Giosuè Carducci nel 1892 nella sua Ode al Cadore; socia del Club Alpino Italiano dal 2008, da sempre ho provato grande attrazione per la montagna, per questo favoloso ambiente così impervio ma al contempo amico, così misterioso e al contempo sincero.
La montagna, l’altitudine, la cima che si raggiunge dopo tanta fatica, fisica e morale, il silenzio, la vicinanza con l’immensità, tutto questo è libertà assoluta, soddisfazione ed energia allo stato puro.
La mia professione di avvocato, con il passare degli anni, mi ha portato ad avere un rapporto sempre più cauto con “la pratica” della montagna. Ci sono infatti delle esigenze che, se pur apparentemente contrastanti, devono necessariamente trovare un punto di incontro.
Mi riferisco in particolare alla sicurezza e alla libertà, a quel binomio delicato ed imprescindibile che dovrebbe sempre accompagnare chi pratica le escursioni, l’alpinismo, e tutti gli sport di montagna in genere, sia estivi che invernali.
A partire dagli anni Settanta, con il progressivo aumento della fruizione turistica della montagna e conseguentemente degli incidenti, abbiamo assistito ad un continuo aumento di leggi e regolamenti volti a limitare la libertà di chi va in montagna nell’ottica di una sicurezza preventiva.
Il diritto da sempre persegue l’obiettivo di garantire il contemperamento, fra sicurezza e libertà, sia per definire le regole poste a presidio della sicurezza – stabilendo comportamenti ideali, prescrizioni e divieti – e sia anche per dare concreta applicazione a tali regole nell’ambito di un eventuale giudizio di responsabilità civile e/o penale.
La comparsa di queste norme ha dilatato e trasformato la dimensione della responsabilità: ciò che l’individuo era un tempo portato a percepire come limite interno, ora si fa limite esterno, stabilito da regole valide per tutti appunto perchè poste in una dimensione giuridica e non più etica.
La montagna presenta senza dubbio dei pericoli, a volte difficilmente prevedibili, pertanto, un’accurata scelta dell’escursione e un corretto comportamento sono componenti fondamentali per ridurre i rischi
Sia chiaro, in montagna non esiste il rischio zero: la sicurezza è sempre frutto di un giudizio dinamico e variabile e non è un dato quantificabile in modo oggettivo, per tutti e una volta per tutte. Proprio per la nostra condizione umana e per alcuni elementi non sempre prevedibili, permane un rischio residuo che, dipendendo da molti fattori, resta molto difficile da valutare.
Certo è che, se consideriamo degli sport più avventurosi come la pratica dell’alpinismo che di per sé comporta l’assunzione volontaria e consapevole di rischi, trovare il giusto equilibrio tra libertà e sicurezza diventa un’impresa ardua.
Bisogna quindi valutare sempre l’attività sportiva-ricreativa con diligenza e prudenza sia durante la fase di preparazione e sia nel normale svolgimento della gita, soprattutto in termini di organizzazione e di capacità decisionale; tutto ciò perseguendo il duplice obbiettivo di prevenire gli incidenti e garantire quelle grandi soddisfazioni che la frequentazione della montagna da sempre ci offre.
(A titolo esemplificativo è da ritenersi grave negligenza non consultare il bollettino valanghe prima di una escursione di sci-alpinismo; come anche gravemente imprudente dovrà qualificarsi il comportamento dell’alpinista che, pur avendo avvertito la situazione di pericolo, prosegua l’escursione invece di interromperla).
Volendo schematizzare, la pratica della montagna, a tutti i livelli, necessita di:
– rispetto delle regole;
– conoscenza;
– esperienza;
– prudenza;
– preparazione fisica e utilizzo di materiale adeguato;
– capacità di valutazione;
– umiltà e
– consapevolezza dei propri limiti personali.
Per concludere: colui che decide di intraprendere una gita o un’escursione deve essere consapevole di esporsi, seppure in modo minimo, ad una percentuale di rischio e ciò diverrà probante al momento dell’accertamento della responsabilità. Se l’evento/sinistro era prevedibile ed evitabile, la nostra condotta potrà comportare una responsabilità.
Dunque, ogni comportamento caratterizzato da negligenza, imprudenza o imperizia, o che comunque comporti la violazione di regole di condotta dettate da norme di legge, potrà essere fonte di responsabilità penale, civile, amministrativa e/o disciplinare.
avv. Marzia Ianese